In un modo o nell'altro, stiamo viaggiando insieme
Amo i tramonti.
Soprattutto adesso che sono dall’altra parte del mondo rispetto all’Italia, e 12 ore di fuso orario mi dividono da molte delle persone a me care. Ogni volta che guardo il sole tramontare penso che, la stessa luce che sto guardando, sta iniziando a scaldare e illuminare la giornata a chi sta per affrontare un nuovo giorno dall’altra parte del pianeta, ed è molto bello. Siamo più vicini e connessi di quanto a volte pensiamo.

Ogni volta che entro nell’acqua ricordo mio nonno, che se ancora fosse in vita mi tirerebbe le orecchie per averlo chiamato così, lui è Luciano. Ora realizzo quanto sia importante tenere il proprio nome di fronte all’appellativo nonno, madre, padre, zio, sorella. Siamo prima di tutto una persona con un nome, una storia e un’identità; seguita poi da tutto ciò che riguarda le relazioni sociali e politiche. E Luciano lo sapeva, amava essere chiamato per nome, quando solo o in mezzo a tutti. Se oggi ho uno spirito folle che viene placato dalle onde del mare lo devo anche a lui, che sin da bambino mi guidava per ore in canoa sulle sponde del lago di Garda, o mi insegnava a fare windsurf, con la tavola premurosamente legata ad una corda per impedirmi di perdermi nell’immensità del lago. Purtroppo le lezioni di Luciano durarono poco. Quando avevo 16 anni si placarono le sue sofferenze dopo tre mesi di convivenza con un tumore. I mesi che seguirono andai più volte dal medico, pensando di avere qualche malattia, feci analisi continue, perché nessuno si spiegava come fosse possibile che fossi così stanco, che non ricordassi i pasti consumati poche ore prima e che a scuola fossi così distratto. Semplice in realtà, una parte di me era andata via con lui. Ciò che ancora non avevo compreso, è che una parte di lui era rimasta con me, con tutti noi. Lo compresi lentamente, prima rientrando in acqua e scoprendo che se ero in grado di godere della forza del vento e delle onde era anche grazie lui. Negli anni a seguire iniziai a studiare neuroscienze, e iniziai a vedere le relazioni umane e le esperienze fatte come connessioni tra neuroni, energia che rimane nei nostri corpi e plasma i nostri comportamenti. Uno stimolo iniziale ed il gioco è fatto; una serie di entità estremamente piccole nel nostro corpo entra in relazione, creano una connessione chimica e il nostro comportamento cambia per sempre. E se è vero che nulla si crea e nulla si distrugge, Luciano è e rimarrà sempre dentro di me, all’interno della mia mente e nei miei comportamenti.
La fugacità delle relazioni
Quando entro in acqua per fare surf mi fermo sempre qualche minuto a meditare. Prendo alcuni respiri, guardo i miei piedi sommergersi tra acqua e sabbia. Nel momento in cui decido di fare un passo avanti accetto di lasciare indietro la persona che ero e di entrare in casa altrui. Un semplice rituale di accettazione e connessione con l’acqua, nel bene e nel male. L’oceano è un contesto imprevedibile, che amo e rispetto. Quando sono tra le onde percepisco la mia piena vulnerabilità di fronte alle forze del mondo e all’imprevedibilità della vita. Invece di aggrapparmi alle mie ambizioni, imparo ad adattarmi, a cercare l'onda che meglio si presta alle mie possibilità e che mi possa dare quella spinta necessaria a trovare la felicità cercata. Come le relazioni umane, le onde hanno i loro cicli: crescono, raggiungono il picco, si placano e poi, forse, si riformano in modo diverso. Nessuna di loro però scompare, si trasformano nel tempo, mutano nel contesto, cambiano la vita di chi le incontra, e ogni persona che abbia mai fatto surf credo possa confermarmi che quegli istanti di armonia di forze possano creare una scia di emozioni e ricordi che possono durare anni.
Allo stesso modo, cerco di vivere le relazioni umane come se fossero fugaci come le onde, cercando di goderne appieno i loro picchi, navigando con destrezza le fasi più critiche, e sapendo che saranno sempre in mutamento e un giorno si placheranno. Se inizialmente questo approccio mi lasciava un senso di amarezza per il futuro, ora mi spinge a godere appieno di ogni istante passato con una persona cara, perché le uniche certezze che ho sono il presente e l’inevitabile trasformazione del futuro.
La distanza è forse un'illusione
Viaggiando lontano da casa e amici, ciò che spesso torna alla mia mente e alle discussioni fatte per telefono, è il tema della distanza fisica. Purtroppo è innegabile, sono esattamente dall’altra parte del mondo, e uscire di casa per andare a bussare alla porta dei miei affetti non è possibile. Eppure, anche senza considerare la tecnologia moderna, resto profondamente connesso. Volente o nolente sono il frutto di tutte le relazioni ed esperienze coltivate negli anni. Vedere me stesso come una costellazione di connessioni, piuttosto che come un'entità isolata, dissolve i confini dell'ego. In questa prospettiva non siamo mai soli, stiamo viaggiando un pò tutti insieme, io grazie a voi, e voi grazie a me. Siamo uniti da un tessuto invisibile di relazioni che continuamente plasma le nostre esistenze, ricordandoci che la distanza fisica è solo una delle tante dimensioni del nostro essere connessi.
Se questa riflessione ti ha toccato, condividi la tua esperienza nei commenti. Come mantieni vive le tue connessioni più profonde? Quali attività ti ricordano la vulnerabilità della tua esistenza e ti aiutano ad essere grato delle relazioni presenti?

