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Traveling in company
Over the years, in my brief experience as a traveler, I've observed how natural it is to follow a common direction when you're in a group. You travel together, moving at a shared pace, often more for the pleasure of companionship than for authentic personal discovery.
It's when you meet a solitary wanderer on your path, and this chance encounter transforms into friendship and trust, that everything changes. Discovering that their destination differs from yours inevitably leads you to question your destination. Most importantly, it pushes you to re-evaluate what you had when you started, because gratitude is never guaranteed and requires constant nurturing.
The traveler's transformation
When memory becomes unreliable and we start idealizing the past, continuous nomadism becomes the only possible path: only this way can you truly appreciate what you've left behind, imagine what's to come, and learn to see both the beauty and flaws of the places you pass through.
Then comes that crucial moment when all this exhausts you. That's when you stop oscillating between past and future, between your starting point and possible destination. Instead, you begin to appreciate the struggles and joys of the journey itself, of discovery. You immerse yourself so deeply in the process of understanding that you start to become a true explorer. And as long as I can, I want to continue exploring the world to navigate every corner of my mind, especially those that the light of ordinary life doesn't always reach.
As a dear friend and colleague from Italy wrote to me a few weeks ago, people travel not only out of immediate necessity, but from a more intimate and profound need. What kind of explorer are you? I invite you to share your thoughts in the comments, and remember that to explore, you don't need to travel the world – sometimes a good book or deepening a relationship with someone is enough.
Until next time, keep exploring.
Ale
Riflessioni di un viaggiatore
Il viaggio in compagnia
Negli anni, nella mia breve esperienza di viaggiatore, ho osservato quanto sia naturale seguire una direzione comune quando si è in gruppo. Si viaggia insieme, procedendo a passo condiviso, spesso più per il piacere della compagnia che per autentica ricerca personale.
È quando incontri un viandante solitario sulla tua strada, e questo incontro casuale si trasforma in amicizia e confidenza, che tutto cambia. Scoprire che la sua meta è differente dalla tua ti porta inevitabilmente a interrogarti sul tuo punto d'arrivo. Soprattutto, ti spinge a rivalutare ciò che avevi quando sei partito, perché la gratitudine non è mai scontata e richiede di essere costantemente alimentata.
La trasformazione del viaggiatore
Quando però la memoria diventa ingannevole e l'idealizzazione sottile, il nomadismo continuo si trasforma nell'unica via possibile: solo così puoi davvero apprezzare ciò che hai lasciato, immaginare ciò che verrà e imparare a cogliere sia la bellezza che le imperfezioni dei luoghi che attraversi.
Poi arriva quel momento cruciale in cui tutto questo ti stanca. È allora che smetti di oscillare tra passato e futuro, tra il punto di partenza e la possibile destinazione. Cominci invece ad apprezzare le fatiche e le gioie del viaggio stesso, della scoperta. Ti immergi così profondamente nel processo di conoscenza che inizi a incarnare il ruolo dell'esploratore. E finché mi sarà concesso, desidero continuare a esplorare il mondo per navigare tutti gli angoli della mia mente, in particolare quelli che la luce dell'ordinario non riesce sempre a illuminare.
Come mi scrisse poche settimana fa una carissima amica e collega dall’Italia, l’uomo migra non solo per necessità contingenti, ma per un bisogno più intimo e profondo. E tu che tipo di esploratore sei? Ti invito a condividere le tue riflessioni nei commenti, e ricordati che per esplorare non è necessario viaggiare per il mondo, a volte basta un buon libro o una persona con cui approfondire una relazione.
Alla prossima,
restate curiosi, restate avventurosi,
Ale
Oggi, come fa Chris, risponderò pure io alle tue domande. Ti condivido una riflessione fatta dopo un mese in NZ per dei ragazzi scout a cui facevo l’educatrice. Cosa è per me viaggiare e cosa comprende la nostra vita alla scoperta del nuovo e diverso….
“Gibran Khalil in una delle sue opere più grandi (-Il Profeta-) scrisse:” la ragione e la passione sono il timone e la vela di quel navigante che è l’anima vostra”.
Sono ormai partita dall’Italia da più di un mese ed il pensiero di essere lontana da casa così tanto mi fa sorgere tante domande. Quanto posso essere libera e sola nello stesso momento? Quanto mi costa questa passione? Cosa mi porterà questo viaggio?
Sono sulla costa ovest dell’Isola del Nord, in Nuova Zelanda. Qui piove, è ormai notte e mi ritrovo a dormire in un furgone in compagnia di gente francese conosciuta qualche giorno fa, con cui sto viaggiando verso sud. Non ho una meta precisa, decidiamo giorno per giorno dove andare! Un po’ in balia del vento e di quello che incontriamo lungo la strada. A pochi passi dalla nostra casa a quattro ruote c’è una spiaggia nera come il carbone, nera come le braci del fuoco che si accende al campo. È tutto diverso se penso a casa. Ho incontrato tante persone, interessanti e diverse, che mi fanno capire che il mondo è tanto vasto quanto complesso! Non so domani dove sarò né ho grandi piani per i prossimi mesi, sto cercando il più possibile di vivere il presente. I volti e la natura sono differenti, e questo mi da la carica per scoprire, interrogarmi e cercare di comprendere.
Se mi manca casa? Non direi, mi mancano le persone, quello sì! Ma sono dell’idea che i chilometri che ci dividano non siano mai troppi, anche se sono dall’altra parte del mondo! Da quando sono atterrata ho iniziato con il volontariato all’estremo nord, che mi ha fatto capitare su di una barca a vela in compagnia di qualche marinaio, che a parer mio assimigliavano più a dei pirati che a dei pescatori. Uno di di questi pirati un tempo era un proprietario terriero che qui prendono il nome di “farm”. Questo uomo ha viaggiato per oltre vent’anni con la sua barca, solcando oceani dalla Gran Bretagna alla Nuova Zelanda per mostrare all’alta borghesia che qui la natura è ancora incontaminata. Una mattina, dopo aver fatto colazione e cercato di capire da che parte arrivasse il vento per iniziare a navigare, questo signore mi guarda, con i suoi ottantaquattro anni e con la sua barba bianca e folta e mi dice:” gli uomini di mare devono saper conoscere gli astri, il cielo che cambia sopra la nostra testa e capire da che parte arriva il vento se vuole saper navigare, gli uomini che lavorano la terra in cui dimorano devono saper osservare bene l’orizzonte per vedere le piogge in arrivo se vogliono un buon raccolto, mentre gli uomini in città osservano per terra il cemento e il tempo passare, per cercare e inseguire i soldi”. Non so cosa volesse dirmi con tutto questo, forse che ognuno nella propria vista ha le sue priorità e deve inseguire ciò di cui ha bisogno. Ho colto occasioni fantastiche nell’incontrare gente nuova, dal nuotare con i delfini a surfare tra le onde del Pacifico, dal cucinare gnocchi di patate per un paio di ragazzi europei in viaggio col loro furgone a partecipare a serate di “original song”, gente di mondo che si ritrova a cantare e suonare in un salotto con vista mare e che mi fa subito pensare a quella canzone dei Modena City Ramblers (“un giorno guidati da stelle sicure, ci ritroveremo in qualche angolo di mondo lontano, nei bassifondi, tra i musicisti e gli sbandati, lì sono i sentieri la dove corrono le fate,…”). Ma in che pazzo mondo ci troviamo ragazzi!
Cerchi di programmarti il futuro e poi la vita ti frega, ti sorprende! Ti succedono cose che mai ti saresti immaginato! Ma tra i mille pensieri ed emozioni ci sono anche momenti di solitudine, cari ed importanti, difficili da cogliere se non con saggezza. Mi chiedo quanto la mia passione e la ragione mi abbiano spinto ad arrivare fin qui, quanto tempo ho dedicato a quella voce dentro di me che mi diceva “PARTI!”, quanta paura prima di agire e quanta vita mi travolge quando ci penso. Ognuno a suo modo, non voglio darvi né lezioni di vita né dimostrarvi che quello che sto facendo ora io sia l’unico modo per viaggiare! Cercate di viaggiare dentro e fuori di voi, inseguite le vostre passioni e date voce alla vostra ragione, a quella voce che vi dice che prima o poi arriva il tempo di cambiare! Che viaggi che vi aspettano. Seguitela quella voce ragazzi! Seguite la ragione e la passione che come vento vi spingono alla scoperta, al nuovo, al cambiamento.
Non soffocate le emozioni, qualsiasi cosa vi accada, ricordatevi che anche se vi trovate su di un’isola, circondati da caprette e cespugli di the tree senza connessione non siete soli!
Sono convinta che viaggiare non sia spostarsi solo da un posto all’altro, ma sia incontrare persone, marinai, musicisti, amici o sconosciuti. Essere curiosi del nuovo (ma con un briciolo di paura per l’auto-tutela), insomma, nutrirvi l’anima! Non osservatevi i piedi, aguzzate la vista verso l’orizzonte e cercate di comprendere il cielo e le stelle ed i loro mille significati.
Io rimando qui, in un furgone sotto la pioggia ad ascoltare tuoni e vento in attesa che faccia luce e nel mentre pensare al domani e alla mia vita in Italia.
E nel caos dei pensieri dedicarne uno anche a voi.
Ciao Nadir e buona strada! So che siete incredibili, come sempre!
Gabriela
-Saetta di luce-