Attraverso la Terra dalla Lunga Nuvola Bianca: prime impressioni su Aotearoa
Un viaggio alla scoperta della Terra dalla Lunga Nuvola Bianca.
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Vestiti di ricordi
Aotearoa, la Terra dalla Lunga Nuvola Bianca, così i Maori chiamano questo luogo che oggi conosciamo come Nuova Zelanda. Un nome ancestrale che ancora risuona su queste isole dove sono atterrato il 12 novembre 2024.
Dal patio del nostro appartamento Valerie ed io osserviamo le stagioni mutare davanti ai nostri occhi. Al mattino, mentre la pioggia accarezza il paesaggio, indosso un vecchio piumino, fedele compagno dei miei viaggi più significativi: dal Messico a Capo Nord, dall'Egitto attraverso l'Europa intera. È un capo logoro, rattoppato nel tempo, regalo di un amico che probabilmente ne avrebbe avuto più bisogno di me. Lo custodisco come un tesoro, memoria viva della sua persona e delle avventure condivise, unite da quel semplice gesto di generosità.
La danza del tempo
Una brezza si alza dal mare, portando con sé il profumo della salsedine. Il vento marino scuote la pioggia dalla sua placida inerzia, ricordandole che ci sono altri prati da nutrire, permettendo alla nostra baia di godersi una meritata tregua. In questi momenti, indosso il guscio Montura, dono dei miei genitori prima della partenza per questo nuovo continente. Erano preoccupati che il loro figlio trentenne potesse soffrire il freddo dall'altra parte del mondo - e se state leggendo queste righe, state tranquilli: sono al caldo, anche quando il guscio riposa nella sua custodia.
I primi raggi di sole risvegliano il coro degli uccelli del quartiere, il loro canto richiama chi si riparava tra quattro mura, in attesa del momento giusto per uscire all'asciutto. Osservando il cielo, il significato di Aotearoa si rivela in tutta la sua evidenza. Secondo la tradizione orale Maori, la costante formazione di nuvole che sovrasta le montagne centrali della Nuova Zelanda avrebbe aiutato i navigatori polinesiani nella loro scoperta del paese che poi avrebbero chiamato Aotearoa, l’Isola dalla Lunga Nuvola Bianca.
Imprevedibilità e adattamento
Dal giorno del mio arrivo, non ho mai visto una giornata senza l'alternarsi di pioggia, sole e vento. Il meteo qui è talmente mutevole che attendere il momento perfetto per uscire significherebbe rimandare ogni attività all'infinito, inseguendo un'occasione destinata a sfuggire come granelli di sabbia tra le dita.
In questa imprevedibilità risiede una bellezza sorprendente. Giunto in questo angolo remoto del mondo, ho iniziato a comprendere più profondamente che ciò che cerco è già dentro di me. Se attendessi che tutto arrivasse dall'esterno o aspettassi l'occasione perfetta, rischierei di rimanere prigioniero delle quattro mura della mia mente.
Auckland: una città multiculturale
Camminando o pedalando per Auckland, la città più popolosa di Aotearoa Nuova Zelanda, risulta impossibile distinguere chi sia “veramente” neozelandese. Il motivo è semplice: questo è un paese plasmato da continue ondate di immigrazione ed emigrazione, dove il concetto stesso di origini diventa sfuggente.
Inoltre, la questione dell'appartenenza a un luogo è intrinsecamente problematica, per due ragioni fondamentali. La prima è l'assenza di criteri oggettivi: quale parametro dovremmo utilizzare? Il luogo di nascita? Le origini ancestrali? Il tempo vissuto nel paese? Nessuno di questi elementi ha relazione con le caratteristiche fisiche di una persona, rendendo impossibile qualsiasi tentativo di identificazione visiva dei "veri neozelandesi".
La seconda ragione è più profonda: la divisione tra "neozelandesi" e "non-neozelandesi" crea una dicotomia artificiale, genera etichette e separazioni, un "noi" e un "loro" che rappresenta il primo passo verso l'emarginazione e, potenzialmente, la violenza. Non è un timore infondato: la Nuova Zelanda, come molti paesi che vedono coesistere culture pre e post-coloniali, affronta ancora oggi accuse di discriminazione, particolarmente nel sistema sanitario, un tema che merita un'analisi approfondita in un altro articolo.
Attraversando Auckland, incontro persone dalle origini più diverse: europee, dalle isole del pacifico, asiatiche, medio orientali, latino americane, africane. Alcuni si identificano chiaramente nella cultura Maori attraverso i loro moko, i tatuaggi tradizionali, che tuttavia non definiscono in modo assoluto l'appartenenza culturale. Quello che osservo è un mosaico multiculturale dove le differenze superficiali - aspetto fisico, tradizioni, culturali - iniziano a dissolversi non appena si approfondisce la conoscenza reciproca.
In fondo, siamo tutti fatti della stessa sostanza: carne, ossa e sogni da inseguire, fatiche quotidiane e speranze per il futuro. Che siamo nati qui o all'altro capo del mondo, siamo tutti composti della stessa polvere di stelle, come fisici e artisti ci hanno spesso ricordato.
Domande per il lettore e risorse
Per te che hai letto fino a questo punto, ti chiedo ancora qualche minuto di attenzione e riflessione. Prova a rispondere a te stesso, e poi nei commenti, alle seguenti domande:
Come ti relazioni con l'imprevedibilità nella tua vita? Tendi ad attendere il momento perfetto o hai imparato ad adattarti al cambiamento continuo?
Qual è il tuo rapporto con il concetto di appartenenza ad un luogo o ad una cultura?
E dopo aver fatto tutto ciò, ti consiglio di leggere le seguenti tabelle. Oltre che essere informative sulla multiculturalità della Nuova Zelanda, mi piacerebbe dedicassi un pò di attenzione al concetto di Whānau e Whenua, due parole e concetti fondamentali nella cultura Maori.
Cosa vi aspetterà?
Il prossimo articolo racconterà del nostro primo mese in Nuova Zelanda, una piccola introduzione su ciò che abbiamo affrontato e sui prossimi articoli.
Fonti e approfondimenti
Ethnic group summaries reveal New Zealand's multicultural make-up
1. Tendo alla perfezione, pretendendo la in primis da me stessa per sentirmi all'altezza delle aspettative che gli altri hanno di me. Ma iniziando a viaggiare, soprattutto quando ho iniziato a viaggiare da sola, ho provato sulla mia pelle quanto sia bella l'imprevedibilità, quanto sia preziosa.
2. Da piccola ho assorbito molto credenze e pregiudizi dei miei genitori vedendo il diverso come qualcosa di pericoloso, minaccioso per la mia identità. Grazie al percorso di studi che mi ha portato a interfacciarmi con molte persone differenti e mi ha permesso di fare delle gite in luoghi lontani come il sud della Grecia e New York ho capito come viaggiare e incontrare il diverso sia arricchente e anzi, mi permetta di conoscere meglio anche me stessa! Rimane la paura delle persone di sesso maschile, che spesso anche nei viaggi in solitaria mi limita un po' nelle uscite di notte per godermi un concerto o una serata in qualche locale.
1. Unpredictability makes me feel alive. Life’s too short to wait, embody change.
2. To me, we belong to where we identify ourselves the most, not necessarily to where we’re born or spent the most time.